Il Rotary Club Trieste dopo un’articolata opera di restauro ha restituito alla città un tesoro nascosto: il propileo di San Giusto
Con una cerimonia semplice ma molto partecipata il Rotary Club Trieste ha restituito nelle mani dell’arcivescovo Giampaolo Crepaldi e del sindaco Roberto Dipiazza il propileo romano di San Giusto.
Un monumento che è caso unico a Nord di Roma per l’eccezionale livello di conservazione “in alzato”, con basamento, colonne e attico che si presentano tuttora in situ, parzialmente “celate” nel Campanile della Cattedrale.
Si tratta di un edificio romano, databile intorno al 50 d.C., la cui funzione era quella di ingresso monumentale.
Un monumento dall’eccezionale valore storico e dalle potenzialità turistiche notevolissime, ma pressoché sconosciuto al pubblico non specializzato per motivi apparentemente banali, come il fatto che buona parte dei suoi elementi compositivi in pietra bianca si presentavano “oscurati” dalla patina del tempo e dalla presenza di una rivendita di souvenir. Un tesoro nascosto, ma a portata di mano.
Mancava solo qualcuno che se ne prendesse cura, investendo importanti risorse e professionalità nel suo recupero.
Lo ha fatto il Rotary Club Trieste, che ha progettato e finanziato – con la collaborazione della Fondazione Casali – un’articolata opera di restauro alla quale si è affiancata anche la realizzazione di un nuovo percorso di visita all’interno della torre campanaria della cattedrale di San Giusto.
Il Rotary Club Trieste ha così riportato il propileo all’antico splendore, per regalare alla città un nuovo tassello di quel patrimonio storico-culturale che ne sta facendo una meta turistica emergente anche per gli amanti dell’arte e della storia.
Francesco Granbassi ha voluto sottolineare che il contributo del Rotary Club Trieste non è stato solo economico. Il progetto, la direzione lavori e gli aspetti tecnico giuridici sono stati seguiti, a titolo assolutamente gratuito, dai due rotariani Aulo Guagnini e Alessandro Zanmarchi, che per questo loro grande servizio verso la comunità sono stati decorati con la Paul Harris Fellow.
Molto produttivo e fluido anche il rapporto con la Sovrintendenza, che ha fatto sì che i lavori venissero completati in tempi record.
Lavori eseguiti in maniera magistrale da un pool di imprese triestine: il team di Opera Est, azienda specializzata in restauri di beni culturali, capitanato da Claudia Ragazzoni che, con un lavoro certosino e sapiente, ha ripulito colonne, pilastri, capitelli, rimuovendo gli effetti del tempo e dell’incuria e ridonando così vita all’edifico. Per la parte edile ci si è affidati all’impresa Benussi & Tomasetti, mentre la parte illuminotecnica è stata curata da Adria Impianti. Utilizzati per il recupero anche i prodotti nanotecnologici della Nanocoatings. Importante anche il contributo dato da Alvise Marchioro, artista del ferro.
I risultati ottenuti sono eccezionali, perché vanno ben oltre il restauro puro e semplice: all’opera di pulizia delle superfici lapidee, della rimozione delle grate e del restauro delle vetrate che permettono ora una vista più agevole di reperti e decori finora inaccessibili si è affiancata una vera e propria opera di “ripensamento” del monumento a misura di visitatore.